Sulla pazienza
Durata, attesa non reattiva, non legata all'evento.
Virtù che comprende che le cose possono cambiare.
Consapevolezza della complessità.
Controllo dell'ira. Lascia maturare le cose e coglie la possibilità
del mutamento senza il turbamento dell'ira, che invece è reattiva.
Il progetto è una anticipazione di mondo che parte dallo stato delle
cose. Non si re-agisce all'evento, ma neppure lo si nega: lo si lascia maturare.
L'evento non va aggredito subito, ma deve essere visto come un crocevia che
in ogni momento matura futuro. La circostanza è qualcosa in cui matura
dell'altro. Il reattivo non vede questo.
La pazienza lascia maturare il
bene anche dal male. Ci fa reggere le cose ardue, i mali inflitti dalla sorte;
sopportare anche quelli che ci vengono inflitti dagli uomini.
L'anima non si turba, ma si quieta
nella pazienza.
La quiete alta è la quiete cui si perviene e si conquista col distacco.
Assenza di turbamento trattenendo l'ira.
Mali della sorte: l'ira ci fa maledire il mondo, la propria nascita, la vita.
L'attesa mette ansia per il futuro,
perché spesso è accompagnata dalla pretesa di un futuro voluto.
L'attesa paziente invece è la custodia del presente. Opera per preparare
il meglio, in-aspettato. Non attesa che qualcosa verrà: questa va soggetta
alla delusione.
La pazienza è operosa, associata
alla perseveranza. Il "paziente" che non sta all'opera, attende
vanamente: nello stesso momento in cui pre-tende, non fa niente per stare
all'opera (perseveranza).
Longanimità vuol dire aspettare il ribaltamento, la risposta; preparare
al meglio (vedi Leopardi, Zibaldone).
La pazienza è una virtù
an-algesica; non resistenza, rassegnazione.
L'uomo è destinato a patire, a sopportare la noia.
Salvatore Natoli
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