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La
difficoltà, nei processi aggregativi, di misurarci con laltro
ci induce ad idealizzare il lontano per paura del vicino. Spesso si pensa
che si debba prevenire il disagio per vivere lagio. Andare verso un
qualcosa di sconosciuto e idealizzato evitando il conosciuto da cui ci si
vuole allontanare. Perché non proporre allora un paradosso, e cioè quello di prevenire lagio e riuscire a vivere il disagio, utilizzando quei meccanismi che sono ben insiti in noi, proprio perché ripetitivi e quindi strutturanti del nostro sentire. La vita, in termini di spesa economica emotiva sta in maggior misura nel disagio e da questo ne attinge forza e vitalità. Lagio diventa un punto oltre sé, e non un sé. Questa istanza sconosciuta a cui tendere ci porta ad annullare lesperienza reale del nostro sentire e a ridurla a qualcosa da modificare o eliminare, senza capire invece che così facendo corriamo il rischio di esaltare quello che non riusciamo ad avere a scapito di quello che invece conosciamo. La tendenza attuale che ci porta ad alimentare lillusione del benessere come prevenzione del disagio è una tendenza schizofrenica che tende appunto a scindere lindividuo in dualità dai poli opposti. Pericolosa tendenza che porta allintolleranza delle nostre istanze contraddittorie. Non è certo necessario esaltare la sofferenza fine a se stessa quanto piuttosto riconoscerne la sua funzionalità. Attraverso di essa gli impulsi trovano un linguaggio che a poco a poco può aiutarci a rendere meno ignota larchitettura dei nostri affetti. La società attuale tende al benessere come illusione fuori di noi, bypassando appunto il nostro sentire, una società al Prozac che evita la vita. Vivere il disagio diventa allora paradossalmente la meta a cui tendere perché essa riassume la nostra difficoltà esistenziale, combattendo invece la tendenza subdola dei termini e degli intenti che porta a negare il significato della nostra sofferenza per quanto patologica essa possa essere giudicata e vederla invece come elemento di contraddizione che ci consente di progredire. Donatella Caprioglio |
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