symposium on love by guggenheim public

symposium
contributions
forum
info

italiano

english

Ciò che indichiamo con la parola "amore" è la forza originaria che si esprime nella gamma infinita di condizioni e modalità in cui si pone l'essere, ovvero la "presenza" (ousiva). All' estremo iniziale troviamo la pura violenza del dominio e della distruzione, la presenza che afferra se stessa ciecamente, perché è dominata e soffocata dalla brama di sé. In questa condizione essa è eccesso che divora se stesso. L'apparire della giustizia è effetto del dolore, che a sua volta è figlio dell'eccesso. L'eccesso è violenza che la presenza fa a se stessa, comporta dolore; la giustizia è la misura della rinuncia che la presenza impone a se stessa, comporta dolore. Ma c'è una differenza: la giustizia è dolore che si fa avanti per primo, che non si nasconde, mentre l'eccesso mente, è dolore che si tiene nascosto alle spalle del sé che la presenza afferra bramandosi. L'eccesso è un inganno che manifesta alla fine il suo prezzo di dolore. La giustizia dice inizialmente quello che è: misura che procura dolore.
La giustizia, figlia del dolore, con il pungolo del dolore stabilisce la distanza da sé (la misura) che la presenza deve mantenere, in modo che essa possa aver rapporto con sé senza distruggersi. Dalla giustizia la presenza impara la misura, e così diviene lotta contro la lusinga e la brama di sé dell'eccesso: dolore volontario, iniziale, che smaschera l'eccesso, evitando di essere sopraffatta a tradimento dal dolore finale.
L'eccesso, che si presenta come immediatezza della soddisfazione, fa balzare fuori a sorpresa il pungiglione del dolore nascosto; la giustizia, dietro al dolore che presenta inizialmente, invece offre spazio libero, una pura apertura. La presenza nella giustizia si mantiene alla giusta distanza da sé, lascia essere se stessa, nell'equità. Ma l'equità deve essere affermata momento per momento, poiché ogni momento ha il suo eccesso, nella presenza questo è inestirpabile una volta per tutte. Tutto può concludersi qui: la presenza ripropone in continuazione l'eccesso, la giustizia lo ripara senza stancarsi mai: sull'esperienza del dolore finale provocato dall'eccesso cresce la giustizia come verità del dolore iniziale. L'amore così è circolo che eternamente si apre e si chiude in sé nella equità. Ferita e riparazione: ascesi. La presenza così è mantenuta in pari con se stessa, ma non è in pari, in quanto presenza, rispetto alla non presenza. Più, anzi, è con se stessa giusta, più lascia apparire l'ingiustizia che essa è, in quanto presenza, riguardo alla non presenza. L'eccesso è ora la presenza in quanto tale. Tale eccesso non si può in alcun modo eliminare con un distanziamento ed una limitazione. Qui non si può togliere più nulla. Ora è proprio la stessa giustizia (o parità con sé della presenza) che si fa imperiosa richiesta di qualcosa che la ecceda. Accostando alla ingiustizia della presenza un'altra ingiustizia, un eccesso gratuito, un crimine, una "decisione" aperta ed iniziale, si parifica l' ingiustizia, che la presenza è come tale. Questo eccesso che fa da contraltare e da compenso a quello della presenza come tale, è l'amore nel suo senso più completo. E' un crimine che obbedisce tanto più pienamente alla giustizia in quanto la viola, occupa con prepotenza lo spazio libero aperto da quella ed istituisce in esso il pendant della presenza e il "rovescio delle cose". La brama distruttiva, che, scaturendo dalla presenza, era volta contro di lei, ora ha rovesciato la sua direzione, verso l'aperto creato dalla giustizia. E' divenuta così l'aumento, il doppio e il compagno della presenza, insieme al quale questa procede nella assoluta solitudine.


Alberto Madricardo

      
symposium
contributions
forum
info

italiano

english
What we call love is the primary force which express itself in the infinite range of conditions and modalities in which we place the being, or the "presenza" (ousiva). At the first extreme we find the pure violence of dominion and destruction, the "presenza" which blindly grabs itself because is ruled and suffocated by the self longing. In this condition it is excess which devours itself. When justice becomes visible it's because of pain and pain is son of excess. Excess is violence caused by the action of presence toward itself and it involves pain. Justice is the way in which the presence renounces to itself and it involves pain. But there is a difference: justice is pain which steps forward at first, which doesn't hide while excess lies and it's a hidden pain behind the self grabbed by longing presence. Excess is a trick which manifests the cost of pain at the end. Justice says from the beginning what it really is: measure which causes pain.
Justice, son of pain, with the spur of pain establishes the distance from itself (measure) which presence has to maintain, so that it can relate to itself without destruction.
From justice presence learns measure and thus it becomes fight against allurement and self longing of excess: voluntary and initial pain which unmasks the excess, avoiding of being treacherously overwhelmed by the final pain.
Excess, which presents itself as immediateness of satisfaction, make the sting of hidden pain become suddenly visible. Justice, instead, offers a free space, a true openness behind the pain that initially presents. The presence within justice remains at a fair distance from itself, being itself, in equity. But equity has to be asserted step by step because each moment has its own excess and it is not possible to extirpate it from the presence once for all. That's where everything ends: the presence keeps re-proposing the excess and justice redresses it without getting tired. Justice grows up upon experience of final pain caused by excess and it grows as truth of the initial pain. Thus, love is an eternal circle which opens and closes into itself in equity. A wound and a repair: mystical exaltation.
The presence is thus kept at its own level but it is not the same, being presence, compared to non-presence. On the contrary the more the presence is fair with itself, the more it lets the unfairness appears; the unfairness of the presence with respect to non-presence. Excess is now the presence itself.
Such excess can't be eliminated with a removal or a limitation. Here we can't remove anymore. Now it's the justice itself (or self-equality of presence) which imperiously asks for something which can exceed itself. Bringing near to injustice the presence of another injustice, a gratuitous excess, a crime, an open and initial "decision", we equalise injustice which presence is. This excess which is a counter attraction and a reward for the presence itself, it represents love in its most complete sense. It is a crime which, violating justice, completely obeys to it and it arrogantly occupies the free space opened by justice and set up in the match and "the other side of the coin". The destructive craving which flows from the presence was turned towards itself and has now changed its direction towards the openness created by justice. It has become the increase, the double and the maid of presence with which it goes on in absolute loneliness.


Alberto Madricardo