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Il re è
morto
C'è un quadratone diviso in 64 quadratini di ugual misura: 32 bianchi
e 32 neri, sui quali si dispongono per un gioco d'origine indiana 32 pezzi,
16 per giocatore; in partenza, quel gioco costruisce uno spazio che ha tanti
"vuoti" quanti "pieni": 32 caselle vuote e 32 caselle
piene; il vuoto è lo spazio fra i due giocatori.
Lo spazio di quel gioco è uno spazio determinato: il nero non diventerà
mai bianco, mai uno spazio bianco o nero cambierà di posto; al suo
inizio e in sé, lo spazio degli scacchi è chiuso e immutabile.
Un mondo chiuso e finito, la Qabalah ebraica lo chiama il din, parola il cui
valore numerico, in ghematria, è 64 (Daleth = 4, Yod = 10, Nun = 50
= 64); una scacchiera è lo spazio numerico del din, che è parola
ebraica per "giudice", con tutte le analogie che ciò si porta
dietro, ma che significa soprattutto: "è così, e non può
essere altrimenti". Secondo la lezione rabbinica, il mondo era stato
creato inizialmente secondo la legge del din, e non aveva potuto sussistere,
poiché, spiega il Midrash, un tale rigore è una qualità
dell'essere che non permette la sopravvivenza. Eppure proprio quel vuoto che
divide i due giocatori sulla scacchiera è lo spazio che i rabbini indicano
come metafora del luogo più alto e sublime dell'amore. Non dunque luogo
di una competizione che si svolge nel rigetto dell'altro, ma assunzione della
differenza e dell'alterità.
All'inizio del XIX secolo Rabbi Nachman di Bratislava, nel capitolo 64 (non
a caso!) del suo libro Liquté Moharan, inizia sintetizzando il pensiero
del celebre cabalista Itzach Luria: "Quando il Nome, sia Egli benedetto,
volle creare il mondo, non c'era lo spazio per crearlo, perché tutto
era infinito. Da questo fatto, Egli contrasse (tzinsem) la "luce"
sui lati, e per l'intermediario di questa ritrazione (tzintzum) si formò
uno "spazio vuoto" (hallal hapanuye). E all'interno di questo spazio
vuoto sono venuti all'esistenza il tempo e le misure che costituiscono l'essenziale
della creazione del mondo. (
) Col concepimento di uno spazio vuoto in se
stesso, ritraendosi da se stesso per accogliere l'alterità del mondo,
Dio creò il mondo. Dal suo vuoto sorse il mondo. (
)" La creazione
dello spazio vuoto, dunque, rende possibile l'alterità a partire dalla
separazione. Il tzintzum, la "ritrazione", per il vuoto che introduce,
rappresenta il paradigma de "l'introduzione della differenza nell'indifferenziato".
Alterità nella separazione, ovvero la distanza, la differenza, a partire
dalla quale nessuna fusione sarà più possibile. Solo dei ponti
potranno essere gettati
Infatti, nell'idea cabalistica, Dio "non gioca a scacchi"
bensì:
"In trentadue misteriosi sentieri di saggezza ha scolpito YHVH Sebaot,
Dio d'Israel, Dio vivente e Re del mondo; Dio di potenza, pietà e misericordia,
"che risiede in eterno nelle eccelsità e il cui Nome è
Santo"." (Sefer haYetzirah, Libro della Creazione, 1:1).
Ora, l'essere umano tende a preferire spazi ordinati, dai confini stabili,
affidabili, apparentemente immutabili, dove ciascuno non costruisce "il
mondo", ma "il suo mondo". Fra i molti mondi, tuttavia, vi
sono intervalli, spazi vuoti in cui possono crearsi altri mondi, luoghi viventi
e dinamici; questo può essere inteso come ciò che in ebraico
si chiama l'En-Sof: letteralmente "niente fine", parola cui si offre
di volta in volta una traduzione rivolta al senso di "ineffabile, indeterminato,
eterno, incommensurabile".
Né certamente il gioco degli scacchi dovrebbe essere creduto un gioco
competitivo; infatti il nome deriva dall'arabo "Shah mat", che significa
"il re è morto", ma il gioco non fa morire alcun re: solo
l'arresto di un re, o di un mondo possibile. E in un gioco l'essere diventa
un "poter essere".
Per questo, nel capitolo 32 del Liquté Moharan, Rabbi Nachman ci guida
attraverso un lungo gioco di fiabesche visioni di re e regine, torri e cavalli,
per suggerirci l'idea che le 32 vie della saggezza "scolpite" da
Dio nel suo Creato, si debbano contare sommando le 22 lettere/consonanti dell'alfabeto
ebraico ai dieci segni vocalici, senza i quali quelle lettere non avrebbero
suono, né potrebbero dirigere il loro "senso" nell'aria,
a raggiungere l'altro e il suo ascolto.
"Canta, danza, batti le mani, fai sorgere la melodia!", esortava
Rabbi Nachman; aggiungendo spesso: "È proibito essere vecchi!",
di certo ammiccando, e ricordandoci la risata di Sara moglie d'Abramo all'annuncio
della sua incredibile gravidanza in tarda età, mostrandoci così
quant'è inutile possedere cose che invecchiano e quant'è leggera
la risonanza di una voce cha intona una melodia armonica per proiettarla nello
spazio dell'incontro con l'altro, dello scambio, della rivoluzione dei ruoli,
dello svanire dei confini; in quello spazio, insomma, attraversando il quale
ogni mondo tendente a implodere perché finito e immutabile, paradossalmente
converte la sua "ritrazione" nell'espandersi verso infiniti altri
mondi possibili.
"Shah mat! Il re è morto!" qualcuno gridava a un tratto,
muovendo un pezzo bianco o nero sulla scacchiera, e il suono della sua voce
era quello della risata di Sara.
Claudio Ronco
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The king is dead
There is a big square divided into 64 small squares having the same size:
32 blacks and 32 whites, on which we place, as for a game of Indian origin,
32 pieces, 16 each player; at the beginning, this game builds up a space which
has got "blank" spaces as much as "filled" ones: 32 empty
squares and 32 filled squares; the gap/empty space is between the two players.
The space of that game is a determined space: black will never become white
, never will a black or white space change its place; at its beginning and
on its own, the space of chess it's closed and unchangeable. A finite and
closed world, which the Jewish Qabalah calls din, word which has the numerical
value of 64, as for Ghematria (Daleth = 4, Yod = 10, Nun =50 = 64); A chess-board
is the numerical space of the din, which is a Jewish word for "judge",
along with all the analogies that this word has, but which above all means:
"so it is, and it can't be otherwise". According to the rabbinical
reading, the world was initially created in accordance with the din's law,
and couldn't have any chance of subsisting, because, as the Midrash explains,
such a strictness is a quality of the being which does not permit survival.
And yet it's exactly this emptiness that divides the two players on the chess-board,
which is the space where the Rabbis point out as the metaphor of the highest
and most sublime place for love. Not therefore a place for competition developing
as a rejection of the other, but as assumption of difference and "alterity".
At the beginning of the 19th century Rabbi Nachman from Bratislava, in the
chapter 64 ( and not by chance!) of his book Liquté Moharan, begins
synthesising the thought of the famous cabalist Itzach Luria: "When the
Name, would He be blessed, wanted to create the world, there wasn't enough
space to create it, because everything was endless. Because of this, He contracted
(tzinsem) the "light" on the sides, and for the go-between of this
retraction/contraction (tzintzum) an "empty space"(hallal hapanuye)
took shape. And inside this empty space the time and measures which form the
essential of the world's creation came to life.(
) With the conception
of a space empty in itself, drawing back from himself to receive the diversity
of the world, God created the world. (
)" The creation of an empty
space, therefore, makes differences possible starting from separation. The
tzintzum, the "contraction", bringing this emptiness, represents
the paradigm of "the introduction of differences in the undifferentiated".
Diversity inside separation, or rather distance, difference, from which no
more fusion will be possible. Only bridges could be built across
.
In fact, within the cabalistic idea, God "does not play chess"
but:
"In 32 mysterious wisdom paths he engraved YHVH Sebaot, God of Israel,
living God and King of the World; God of power, compassion and mercy, 'who
live in eternity among sublimity and whose Name is Blessed'."( Sefer
haYetzirah, Libro della Creazione, 1:1)
Now, a human being tends to prefer orderly spaces, with stable, reliable boundaries,
apparently immutable, where everyone does not builds "the world",but
"his own world". Between the many worlds, there are however, spaces,
empty spaces where other worlds can be created, lively and dynamic places;
this can be meant as what in Jewish is called the En-Sof : literally "no
end", word on which we offer each time a translation turned to meanings
like "ineffable, indeterminate , endless, immeasurable". And yet
the chess game is not to be considered as a competitive game; actually its
name comes from the Arabic "Shah mat", which means "the king
is dead", but the game does not kill any king: just the end of a king
or of a possible world. And in a game "to be", becomes a "can
be". For this reason, in chapter 32 of Liquté Moharan, Rabbi Nachman
guides us through a long play of fairy visions of queens and kings, towers
and horses, to suggest us the idea that the 32 wisdom paths "engraved"
by God in his Creation, must be counted adding to the 22 letters/consonants
of the Jewish alphabet the 10 vowel sounds, without which those letters wouldn't
have any sound, and would not be able to direct their "sense" into
the air, reaching the other and his ears.
"Sing, dance, clap your hands, let the music rise!", urged Rabbi
Nachman; often adding: "Being old is forbidden!", certainly winking,
and calling to mind the laughter of Sara, Abraham's wife when she knew about
her unbelievable pregnancy in such an old age, showing us how useless is to
possess things that grow old and how light is the sonority of a voice which
tunes up an armonic melody to project it into the space of the meeting with
the other, of the exchange, the rules revolutions, of fading away into the
limits; in that space, going through which every world which tend to implode
because finished and unchangeable, paradoxically turns its "retraction"
into expansion towards innumerable possible worlds. "Shah mat! The king
is dead!" someone suddenly shouted, moving a white or black piece on
the chess-board, and the sound of his voice was the same as Sara's laughter.
Claudio Ronco
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