symposium on love by guggenheim public

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In onore dello sfondo Ellenico e Rinascimentale di un Simposio sull'amore tenuto a Venezia, il mio pensiero si é rivolto alla trinità Platonica del Bene, del Vero e del Bello, e a come la mente moderna abbia radicalmente separato il Vero (ora semplicemente il regno del fatto fisico e oggettivo) dal Bene e dal Bello (oggi valori soggettivi). Attendo con ansia il nostro incontro per esplorare i modi in cui la nostra più ampia visione del mondo e la nostra cosmologia, che definisce il contesto per tutte le nostre attività e valori, siano profondamente interessati dal grado in cui l'amore entra nel processo del nostro sapere.

Nel momento in cui la visione del mondo moderno persiste (e secondo un grado critico struttura ancora il contesto per la maggior parte delle attività e dei valori del mondo "sviluppato"), l'universo che viviamo ci appare radicalmente sprovvisto di significati e propositi intrinseci, completamente privo d'anima e di coscienza, inesorabilmente indifferente alle aspirazioni morali e spirituali dell'umanità . Nel momento in cui il contesto cosmologico nel quale hanno luogo tutte le attività umane non provvede ad alcuna fondazione di valori trascendenti, i valori del mercato e dei media colonizzano liberamente l'immaginazione umana prosciugandola di ogni profondità. Nella contemporaneità una visione del mondo disincantata rinforza essenzialmente il pensiero utilitarista per colonizzare la psiche umana collettiva. La spinta per un ancor più grande profitto finanziario, potere politico e valore tecnologico superano tutte le altre aspirazioni. E ancora, l'ansia in un cosmo senza significato crea una fame spirituale, un'alienazione e un disorientamento che portano a una fame aggiuntiva per sempre più beni materiali, un consumismo patologico che cannibalizza il pianeta in una serie di eccitazioni auto distruttive. Conseguenze altamente pragmatiche derivano da una disincantata e moderna visione del mondo. Ma é questa una visione del mondo plausibile?

Proviamo un esperimento col pensiero: immagina di essere l'universo, un universo profondo, bello, animato e profondamente intelligente. E immagina di dover affrontare due diverse epistemologie, due postulanti che cercano di conoscerti. Apriresti i tuoi segreti più intimi al postulante - che é, secondo la metodologia, quell'epistemologia che si avvicina a te con la convinzione che tu non sia conscio, che ti manchi del tutto l'intelligenza o l'ingegno, e tu sia radicalmente un essere inferiore a lui, che si riferisce a te convinto che tu sia lì solamente perché lui ti usi; e le cui motivazioni per conoscerti siano guidate essenzialmente da un desiderio di prevederti e controllarti per il suo proprio benessere? O apriresti i tuoi segreti più intimi a quel postulante- quell'epistemologia il cui metodo di conoscere ti considera almeno intelligente e potente e colmo di mistero e anima quanto egli stesso é, che ha cercato di conoscerti, non piuttosto di usarti, ma di unirsi a te per creare qualcosa di nuovo; i cui buoni esiti di conoscenza non fossero predizioni e controllo ma piuttosto una co-creazione partecipatoria, delizia estetica e intellettuale, sguardo poetico, ricchezza immaginativa, comprensione estatica, un onore alla tua gloria; quale atto di conoscenza sarebbe essenzialmente un atto d'amore?

La mente postmoderna é giunta a riconoscere il grado in cui le nostre spesso occulte presupposizioni giocano un ruolo cruciale nel costellare la realtà che cerchiamo di conoscere. Mi é chiaro che se l'universo é qualcosa di simile al mistero che io penso che sia, allora, se lo si analizza in maniera violenta, si mostrerà sempre alla scienza ufficiale una visione altamente parziale e ingannevole di ciò che realmente l'universo é. Abbiamo bisogno di espandere radicalmente i nostri mezzi di conoscenza. Abbiamo bisogno di andare al di là delle strategie epistemologiche inesorabilmente oggettivanti, il rigoroso empirismo e razionalismo che é emerso durante l'Illuminismo, e che domina la scienza ufficiale oggi. Abbiamo bisogno di attingere - per usare un termine omnicomprensivo- nella più ampia epistemologia del cuore. Abbiamo bisogno di modi di conoscere che integrino l'immaginazione, la sensibilità estetica, la facoltà morale, l'esperienza rivelatoria o epifanica, l'intuizione spirituale, la capacità di uno sguardo archetipico, per una conoscenza kinestetica dei sensi, per una conoscenza empatica, nella capacità di aprirsi all'altro, di ascoltare. Certamente, un senso ben sviluppato di empatia d'amore, osservazione fiduciosa e analisi é molto importante se dobbiamo superare la barriera del soggetto-oggetto. Abbiamo bisogno di essere in grado di entrare in ciò che cerchiamo di conoscere, e non di tenerlo a distanza come fosse un oggetto. Abbiamo bisogno, per usare un'espressione della biologa Barbara McClintock, di "un sentimento per l'organismo."

La nostra migliore filosofia della scienza ci ha insegnato la misura in cui la nostra epistemologia crea il nostro mondo. Non solo ragione ed empirismo ma fede, speranza, e compassione giocano il ruolo principale nel costellare la realtà. E questo forse é il messaggio nascosto dell'inaspettato oscuramento del mondo del moderno Illuminismo: nel fulcro della conoscenza c'é una dimensione morale. Affermare che il proposito, il significato e l'intelligenza cosciente siano esclusivamente attributi dell'essere umano, e che il grande cosmo di per sé sia solo un vuoto senz'anima, riflette un atto di invisibilità di hubris cosmica nella parte del moderno sé che é tornata a tormentarci, come in una tragedia Greca, con l'alienazione della psiche moderna in un disincantato universo e un ecosistema planetario in rapido deterioramento. In breve, il nostro compito può essere di muoverci da un rapporto Io-quello rispetto all'universo, a un rapporto Io-Tu: dall'oggettivazione all'intimità.

Io credo che abbiamo una possibilità. Ci sono molti universi possibili, molti significati possibili che scorrono attraverso di noi. Non siamo soggetti separati in un universo senza senso costituito da oggetti sui quali possiamo e dobbiamo imporre la nostra volontà egocentrica. Non siamo neanche solo dei vascelli vuoti che automaticamente, passivamente esteriorizzano le intenzioni dell'anima del mondo, "anima mundi". Piuttosto siamo partecipanti creativi come interpreti autonomi ma radicati in un organico dipanarsi della realtà. E cruciale per partecipare a questo processo è il ruolo dell'amore come radicale apertura all'altro, un'apertura al mistero, un'affermazione dell'universo come un "Tu" piuttosto che un "quello".
Con questo punto di vista nuovamente la nostra conoscenza potrà essere compresa come conoscenza intimamente connessa alle nostre ispirazioni morali ed estetiche, il Vero intimamente connesso con il Bene e con il Bello.

Posso finire con una affermazione di Vaclav Havel, pronunciata durante una visita in California sei anni fa?

La democrazia planetaria non esiste ancora, ma la nostra civilizzazione globale sta preparandogli un posto: é proprio la Terra nella quale viviamo, collegata al Paradiso sopra di noi.
Solo in questo scenario la mutualità e la comunalità della razza umana possono essere ricreate, con riverenza e gratitudine per ciò che trascende ciascuno di noi e tutti noi assieme. L'autorità di un ordine del mondo democratico semplicemente non può costruirsi su nient'altro che sull'autorità rivitalizzata dell'universo.


Richard Tarnas

      
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In honor of the Hellenic and Renaissance background of a Symposium on Love to be held in Venice, my thoughts turned to the Platonic trinity of the Good, the True, and the Beautiful, and how the modern mind radically separated the True (now simply the realm of objective physical fact) from the Good and the Beautiful (now only subjective human values). I look forward in our gathering to exploring the ways our larger world view and our cosmology, which define the context for all our activities and values, are profoundly affected by the degree to which love enters the process of our knowing.

As the modern world view stands (and, to a critical degree, it still structures the context for most of the "developed" world's activities and values), we live in a universe that is understood to be radically devoid of intrinsic meaning and purpose, that is utterly soulless and unconscious, relentlessly indifferent to humanity's spiritual and moral aspirations. Since the cosmological context within which all human activity takes place has provides no foundation for transcendent values, the values of the market and mass media freely colonize the human imagination and drain it of all depth. In the contemporary world, a disenchanted world view essentially empowers the utilitarian mindset to colonize the collective human psyche. The drive for ever greater financial profit, political power, and technological prowess supersedes all other aspirations. In turn, anxiety in the face of a meaningless cosmos creates a spiritual hunger, an alienation and disorientation which lead to an addictive hunger for ever more material goods, a pathological consumerism that cannibalizes the planet in a kind of self-destructive frenzy. Highly pragmatic consequences ensue from the disenchanted modern world view. But is it a plausible world view?

Let us try a thought experiment: Imagine that you are the universe, a deep, beautiful, profoundly intelligent and ensouled universe. And imagine that you are being approached by two different epistemologies, two suitors who seek to know you. Would you open your deepest secrets to the suitor--that is, to the methodology, the epistemology--who approaches you with the assumption that you are unconscious, utterly lacking in intelligence or purpose, and radically inferior in being to him; who relates to you as though you are there ultimately for his exploitation; and whose motivation for knowing you is driven essentially by a desire for prediction and control over you for his own self-enhancement? Or would you open your deepest secrets to that suitor--that epistemology, that method of knowing who viewed you as being at least as intelligent and powerful and full of mystery and soul as he is, and who sought to know you, not to better exploit you, but rather to unite with you to create something new; whose goals of knowledge were not prediction and control but rather participatory co-creation, aesthetic and intellectual delight, poetic insight, imaginative richness, empathic understanding, an honoring of your glory; whose act of knowledge was essentially an act of love?

The postmodern mind has come to recognize the degree to which our often hidden presuppositions play a crucial role in constellating the reality we seek to know. It is clear to me, if the universe is anything like the mystery I believe it is, that, under duress, it will always render to the mainstream sciences a highly partial and misleading vision of what it is. We need to radically expand our ways of knowing. We need to move beyond the relentlessly objectifying epistemological strategies, the narrow empiricism and rationalism that emerged during the Enlightenment, and that dominate mainstream science today. We need to draw on--to use a single encompassing term--the wider epistemologies of the heart. We need ways of knowing that integrate the imagination, the aesthetic sensibility, the moral faculty, revelatory or epiphanic experience, the spiritual intuition, the capacity for archetypal insight, for kinesthetic and sensuous knowing, for empathic understanding, the capacity to open to the other, to listen. Indeed, a highly developed sense of empathyóof loving, trusting observation and analysis is critical if we are to overcome the subject-object barrier. We need to be able to enter into that which we seek to know, and not keep it ultimately distanced as an object. We need, to use biologist Barbara McClintock's phrase, "a feeling for the organism."

Our best philosophy of science has taught us the extent to which our epistemology creates our world. Not only reason and empiricism but faith, hope, and compassion play a major role in constellating reality. And this is perhaps the underlying message of our modern Enlightenment's unexpected darkening of the world: At the heart of cognition is a moral dimension. To assume that purpose, meaning, and conscious intelligence are solely attributes of the human being, and that the great cosmos itself is a soulless void, reflects an invisible act of cosmic hubris on the part of the modern self that has come back to haunt us, as in a Greek tragedy, with the alienation of the modern psyche in a disenchanted universe and a rapidly deteriorating planetary ecosystem. In essence, our task may be to move from an I-It relationship with the universe, to an I-Thou relationship: from objectification to intimacy.

I believe we have a choice. There are many possible universes, many possible meanings, floating through us. We are not solitary separate subjects in a meaningless universe of objects upon which we can and must impose our egocentric will. Nor are we just empty vessels, as it were, on automatic, passively playing out the intentions of the world soul, the anima mundi. Rather, we are creative participants, as autonomous yet embedded interpreters, in a co-evolutionary unfolding of reality. And critical to that participation is the role of love as a radical openness to the other, an openness to mystery, an affirmation of the universe as Thou rather than It. With that insight, once again our knowledge will be seen to be intimately connected with our moral and aesthetic aspirations, the True intimately connected with the Good and the Beautiful.

May I end with a statement from Vaclav Havel, spoken during a visit to California six years ago?

Planetary democracy does not yet exist, but our global civilization is already preparing a place for it: It is the very Earth we inhabit, linked with Heaven above us.
Only in this setting can the mutuality and the commonality of the human race be newly created, with reverence and gratitude for that which transcends each of us, and all of us together. The authority of a world democratic order simply cannot be built on anything else but the revitalized authority of the universe.

Richard Tarnas