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About Anita Sieff


Anita Sieff: Forms of Celebration
by Carlos Basualdo

Anita Sieff: Forme di Celebrazione
di Carlos Basualdo


The Art work as a place for relation
by Chiara Bertola

The 21st Century Odalisque
by Diane Lewis

Scultura sociale
di Maria Paola Sutto

Anita Sieff
di Carlo Montanaro

La sperimentazione artistica in Guggenheim Public
di Sandra Caroldi

Anita Sieff
by Patricia A. Simpson
Anita Sieff
Cosa può spingere, oggi, una persona con un preciso vissuto dì esperienze alle spalle (preciso nel senso che è sempre comunque finalizzato e circoscritto ai dintorni della creatività) a dedicarsi, in modo completamente indipendente al cinema? Una effettiva urgenza legata ad una necessità espressiva. Urgenza e necessità espressive che si muovono nel senso dell'amplmcazione e del completamento. Anita Sieff, tra i tanti impegni lavorativi nel campo della comunicazione, ha sempre fotografato. Più per sè che per gli altri, ma sempre con l'idea di andare oltre al dato oggettivo, all'istante della pur precisa e importante documentazione.
E ad un certo punto della sua vita quell'andare oltre ha significato per lei, dare una forma il più possibile compiuta alle circostanze che procurano sensazioni, emozioni, suggestioni, mantenendo però intatta l'attenzione alta qualità del tramite: l'immagine. Ha imboccato così senza ripensamenti, come le è tipico. la strada della finzione, dell'invenzione narrativa comunque lagata alla realtà; scegliendo, ovviamente, la pellicola del cinema e non il nastro magnetico del video per ragionare, per riflettere -verrebbe da dire 'al solito' - sui presunti realissimi massimi sistemi: il rapporto interpersonale che può essere amore ma anche negazione e quindi solitudine, la quotidianità di vita in insediamenti urbani ora fascinosamente oppressivi (New York) ora talmente strepitosi da inquinare i comportamenti (Venezia).
Sono imbastiture di storie di disperati ma mai perdenti quelle che, liberando una certa scontrosa, introversa umorosità, Anita Sieff lega con attenzione e perizia formale a precise ambientazioni naturali. Imbastiture di storie nelle quali una voce fuori campo diventa perfino, indipendentemente dalla qualità comunque notevole del testo strurneoto consonante di un impianto musicale che si integra naturalmente con le immagini.
Overtakings (1992), The step (1993) e i due capitoli di Missed (1994) - girati tutti in un limpido bianco&nero - si configurano in attimi di intensa sospensione, in frammenti di fredda ma coinvolgente emotività quasi ad indicare sussurrando invece che gridare il disagio esistenziale della nostra epoca. People never change (1995) entra, invece, più perentoriamente nella psicologia di una coppia e, con l'aggiunta del colore, si propone come un giusto salto di maturità e qualità sul piano stilistico. Rimanendo tematicamente molto prossimo ai lavori precedenti e implodendo il rapporto con gli elementi ambientali (qui è l'interno spoglio nel suo eccesso d'eleganza che rarefa il conflitto dei sentimenti) nella beffarda impossibilità di rapporto.

Carlo Montanaro
Museo Revoltella, Trieste
23 luglio 1996